window.dataLayer = window.dataLayer || []; function gtag(){dataLayer.push(arguments);} gtag('js', new Date()); gtag('config', 'G-XZCLKHW56X'); Omama: le donne rom che combattono la povertà generazionale in Slovacchia - Ereb

Omama: le donne rom che combattono la povertà generazionale in Slovacchia

21/09/2023

Reporter:

Zuzana Límová

I primi sei anni della vita umana sono cruciali per lo sviluppo neurologico. Crescere in povertà può influenzare la salute, il carattere e il futuro. È il caso delle bambine e dei bambini rom che vivono negli insediamenti segregati della Slovacchia. Rimangono indietro rispetto aɜ loro coetaneɜ molto prima di entrare nel sistema educativo, dove poi si trovano ad affrontare la discriminazione. Le donne delle comunità rom, le cosiddette omamas, guidano le madri rom a cambiare questa situazione.

Per arrivare dalla capitale della Slovacchia, Bratislava, al villaggio di Zborov, a circa 500 chilometri di distanza, occorre un’intera giornata. Forse due se si opta per il trasporto pubblico, spesso inaffidabile. In Slovacchia si scherza dicendo che questi luoghi sono la fine del mondo. Il che è vero, in un certo senso: la classe media privilegiata si ferma prima della periferia di questo villaggio al confine tra Slovacchia e Polonia.

Qui le famiglie socialmente svantaggiate non vivono direttamente all’interno del comune, con i suoi negozi e le sue scuole, le sue strade pulite e i suoi giardini fioriti. Decenni fa, i loro antenati sono stati costretti dalle istituzioni statali a costruire le loro case fuori dal villaggio, il che ha portato alla segregazione e quindi alla povertà generazionale. Lɜ slovacchɜ chiamano quest’area “insediamento”, mentre ɜ rom la chiamano “Vatrisko“, un grande fuoco attorno al quale sedersi e raccontare storie.

Giocare contro la povertà

Sono arrivata nel quartiere curiosa di incontrare le donne chiamate omamas, che in lingua romaní significa nonne. Dal 2018, questi membri della comunità locale aiutano i genitori di bambinɜ al di sotto dei sei anni di età per prevenire i possibili insuccessi scolastici futuri. Guidata da una delle mentori delle omama, Patrícia Dzuruš, lei stessa per metà rom, sono riuscita a entrare nella zona senza attirare troppo l’attenzione, cosa rara. La minoranza rom in Slovacchia subisce una costante mancanza di rispetto da parte della maggioranza non rom, media compresi. Io sono una gadjo, una persona non rom, e cercare di non farsi notare è semplicemente impossibile.

  • Didascalia: Vatrisko è stato costruito sotto le rovine di un castello medievale. ɜ bambinɜ del posto vanno a giocare lì. © Zuzana Límová

“Non sono cresciuta in un insediamento, e nemmeno mio padre, ma i suoi antenati sì”, spiega Patrícia mentre camminiamo tra case in muratura e baracche. “Mio nonno era un fabbro famoso. Grazie al duro lavoro è riuscito a sfuggire alla povertà e a comprare una piccola casa in città”. Due generazioni dopo, Patricia, che ha studiato all’università, supporta tre omamas a Zborov e costruisce ponti tra due mondi distanti, quello delle persone bisognose e quello della classe media – la maggioranza. Sa che ognunǝ ha molti pregiudizi sullɜ altrɜ.

Una strada appena costruita rende il caldo insopportabile, ma la casa di cemento dell’omama Inge Ferenc offre una piacevole ombra. Ci accoglie con un sorriso e una generosità che ci fanno sentire subito a casa. Il silenzio della casa scompare non appena arriva un bambino curioso con sua madre. Emir, tre anni, non vede l’ora di iniziare la lezione, ma deve aspettare che io mi presenti a lui e a sua madre Jarka.

"Nonostante faccia del mio meglio per non interrompere la lezione, gli occhi di Emir continuano a seguire la mia macchina fotografica ogni volta che mi muovo."

Poi ci sediamo tuttɜ sul pavimento e l’omama Inge suona un piccolo strumento a campana per segnalare che la lezione è iniziata. Per prima cosa, mostra a Emir un ovale verde raffigurato su un foglio bianco. Gli chiede di descrivere se è grande o piccolo, se è posizionato in alto o in basso, a destra o a sinistra del foglio. Le attività sono brevi e dinamiche per attirare l’attenzione del bambino e ogni risposta corretta viene festeggiata con un applauso del bambino e dell’omama. Anche se faccio del mio meglio per non interrompere la lezione, gli occhi di Emir continuano a seguire la mia macchina fotografica ogni volta che mi muovo. La cosa mi rende un po’ nervosa, ma presto mi rendo conto che probabilmente sono l’unica persona nella stanza a sentirsi a disagio.

Inge è una professionista qualificata che ogni settimana impartisce lezioni individuali simili a 25 bambinɜ del suo quartiere di Zborov. Frequenta le famiglie a casa sua o a casa loro. Lavorare in questo modo richiede la capacità di rimanere concentrata in condizioni di continuo cambiamento. I suoi occhi osservano pazientemente il comportamento di Emir, che indica le sue emozioni e i suoi bisogni in ogni momento. Presto coinvolge il bambino nella prossima attività educativa.

Inge Ferenc è stata una delle prime donne rom contattate dall’organizzazione Way Out (“Cesta von” in slovacco) e formata come educatrice comunitaria in Slovacchia.  Nel 2022, il Fondo sociale europeo (tramite il Ministero degli Interni della Repubblica slovacca) ha sostenuto l’ONG con una sovvenzione di 433.790 euro. E cinque anni dopo l’inizio del programma Omama, questo fornisce un reddito regolare a 44 omama e 24 mentori in una trentina di comunità svantaggiate. Grazie al loro impegno, più di 900 bambinɜ vengono aiutatɜ a sviluppare le capacità motorie di base, le capacità cognitive e le competenze linguistiche. Vengono tenute lezioni standardizzate di lingua slovacca, fondamentale per la futura istruzione infantile e per il loro potenziale impiego. Le madri sono partecipanti essenziali a questa missione. Imparano dalle omamas come impegnarsi con ɜ bambinɜ e come creare strumenti educativi con materiali facilmente reperibili, come tappi di bottiglie di plastica o carta colorata.

  • Emir e sua madre Jarka vanno a casa di Inge per la lezione. A Vatrisko si prevede di costruire un centro per le omama, in modo che non debbano insegnare nelle loro case. © Zuzana Límová

  • Emir e sua madre Jarka vanno a casa di Inge per la lezione. A Vatrisko si prevede di costruire un centro per le omama, in modo che non debbano insegnare nelle loro case. © Zuzana Límová

  • Emir e sua madre Jarka vanno a casa di Inge per la lezione. A Vatrisko si prevede di costruire un centro per le omama, in modo che non debbano insegnare nelle loro case. © Zuzana Límová

Prima che la lezione di Emir si concluda, viene letta la divertente storia del bruco molto affamato, scritta dal noto illustratore Eric Carle e amata da generazioni di bambinɜ di tutto il mondo. Emir ascolta come un animale goloso che mangia a poco a poco una mela, due pere, tre prugne… e ha ancora fame! Il libro serve per esercitarsi con i numeri, i nomi dei giorni della settimana, le forme e anche i colori. Il bambino esita su alcuni nomi di alimenti: chi vive in povertà raramente vede arance o cupcake. Con un piccolo aiuto, finalmente li riconosce e si sente orgoglioso di sé. La lezione si conclude con risate e applausi da parte di tuttɜ.

Povertà generazionale

Crescendo in una comunità socialmente emarginata, né i genitori né ɜ nonnɜ hanno avuto modo di giocare con “beni di lusso” come i giocattoli o i libri per l’infanzia. “ɜ bambinɜ non sapevano cosa fosse un libro, alcunɜ piangevano quando lo vedevano per la prima volta”, dice ridendo Inge, ricordando le sfide che ha dovuto affrontare. La povertà generazionale significa che nessuna delle ultime due generazioni di famiglie ricorda come ci si sente a vivere in sicurezza, ricchezza e buona salute. La psicologa Shoshana Chovan studia gli effetti di un’alimentazione insufficiente o di uno stress costante sullo sviluppo deɜ bambinɜ che crescono in condizioni di povertà generazionale.

“Quando non hanno un apporto energetico sufficiente dal cibo, non hanno l’energia per muoversi e sviluppare le capacità motorie. Se si muovono meno, esplorano meno l’ambiente circostante e imparano meno su di esso. Sono anche influenzatɜ dal fatto che vengono portatɜ in giro per molto tempo per non giocare su un pavimento sporco (cosa che avviene abitualmente nelle case di fortuna, ndr). Non hanno quindi molte occasioni di gattonare, il che influisce sullo sviluppo della coordinazione destra-sinistra. Più tardi, a scuola, potrebbero avere difficoltà con la scrittura, cioè con la coordinazione occhio-mano”, spiega la ricercatrice. Lo stesso vale per ɜ bambinɜ che crescono in una favela brasiliana, in uno slum keniota o in un ghetto urbano in Francia: la povertà generazionale influenza la salute, il comportamento e il loro futuro.

Omama consente ai genitori di spezzare questo circolo vizioso intervenendo nell’educazione pre elementare deɜ propriɜ figlɜ. Inge ricorda molto bene i primi anni del programma: andava di casa in casa per convincere i genitori a iscrivere lɜ propriɜ bambinɜ a un nuovo programma educativo. “È stato molto, molto difficile! Erano inutilmente preoccupatɜ di finire nei guai con la protezione socio-legale e di perdere il sostegno sociale, quando si iscrivevano”, ricorda Inge Ferenc. Da allora la situazione è decisamente cambiata: oggi i genitori le chiedono se può insegnare a più bambinɜ.

  • Jarka trascorre molto del suo "tempo libero" con figlɜ e figliastrɜ. © Zuzana Límová

Jarka, la madre di Emir, si è unita al programma dopo l’invito di Inge. È consapevole dell’importanza dell’istruzione. “Sono grata per tutto ciò che ɜ miɜ figlɜ hanno imparato da omama. Non ho molto tempo per insegnare a loro, siamo in tantɜ e ho una casa di cui occuparmi”, dice. La figlia di cinque anni frequenta già l’asilo comunale insieme ad alunnɜ non rom. Grazie alle omama, la bambina si è adattata molto bene all’ambiente. Non è una cosa scontata: in Slovacchia ɜ bambinɜ rom vengono solitamente segregatɜ una volta entratɜ nel sistema scolastico statale. Jarka spera che il programma possa sostenere Emir nello stesso modo. Oltre aɜ due figlɜ, Jarka cresce altrɜ cinque figliastrɜ in una casa di legno improvvisata che sembra un cottage. Trascorre la maggior parte del tempo da sola con loro poiché il marito viaggia per lavoro e, quando torna, la casa diventa ancora più sovraffollata e stressante. “A volte mi aiuta, ma non troppo spesso… finché non si ubriaca”, ammette tranquillamente.

" Anche se vengono invitati a colloqui personali, quando i potenziali datori di lavoro vedono il colore della loro pelle spesso quei posti di lavoro vengono improvvisamente occupati."

Gli uomini rom di Zborov lavorano spesso all’estero perché è quasi impossibile per loro trovare un impiego in Slovacchia. Anche se vengono invitati a colloqui personali, quando i potenziali datori di lavoro vedono il colore della loro pelle spesso quei posti di lavoro vengono improvvisamente occupati. “È successo anche a mio marito”, spiega Jarka. Si preoccupa chiedendosi se la loro situazione migliorerà mai. Cerco di rincuorarla raccontandole la storia di un pesce d’oro che può esaudire qualsiasi desiderio. Le chiedo cosa la renderebbe felice. “Avere una casa grande”, risponde senza esitazione, e aggiunge: “Non voglio assolutamente nulla per me. Il mio unico desiderio è che ɜ miɜ figlɜ abbiano una vita migliore”.

Una vita migliore per Jarka e per le persone che vivono in povertà significa soddisfare i bisogni umani più elementari. La mancanza di un sostegno sociale efficiente non facilita il raggiungimento di questo obiettivo; nove membri della famiglia di Jarka sopravvivono con meno di 400 euro al mese. Inoltre, non hanno accesso all’acqua potabile: ogni volta che ne hanno bisogno, Jarka deve andare a prenderla da altre parti. “Per fortuna la nostra gente si sostiene a vicenda”, dice con orgoglio. “Se finisco la farina o l’olio, o anche i soldi, qualcunɜ mi aiuta sempre. Sanno che in futuro li ripagherò”. Prima di salutarci, auguro a Jarka buona fortuna, sperando che il suo futuro non dipenda esclusivamente dalla buona volontà delle altre persone.

Esclusione ed educazione

Secondo un report del Ministero delle Finanze della Slovacchia, nel 2018 una persona su sei, ovvero il 16,3% dei 5,4 milioni di abitanti del Paese, era a rischio di povertà o esclusione sociale. Si trattava principalmente di bambinɜ provenienti da aree escluse, persone rom che vivono in comunità emarginate, genitori single con figlɜ e persone con disabilità. Il documento governativo avverte che, poiché il sistema educativo slovacco non integra la maggior parte dei bambini delle comunità socialmente emarginate, gli strumenti messi in atto per migliorare la situazione aiutano solo la metà di tuttɜ ɜ bambinɜ socialmente esclusɜ.

Quando ci sono notizie sulla minoranza, viene mostrata una collettività Rom composta di solito da adultɜ analfabetɜ, bambinɜ sporchɜ e mezzɜ nudɜ, e cani randagi che vagano tra le case di fortuna degli insediamenti.

In Slovacchia è molto diffusa una falsa immagine per cui le persone Rom prosciugano il sistema sociale. Anche i media giocano un ruolo nella creazione di questa narrazione, così come la politica. Quando ci sono notizie sulla minoranza, viene mostrata una collettività Rom composta di solito da adultɜ analfabetɜ, bambinɜ sporchɜ e mezzɜ nudɜ, e cani randagi che vagano tra le case di fortuna degli insediamenti. “Su 420.000 persone rom, più della metà è integrata nella popolazione maggioritaria”, afferma Tomáš Hrustič, antropologo sociale dell’Accademia delle Scienze slovacca. “Il resto vive in aree segregate, ad esempio in una strada di un certo villaggio che è abitata solo da famiglie rom. La maggior parte delle persone Rom, però, non vive in condizioni di povertà”.  Secondo le sue stime, in Slovacchia ci sono circa 250 insediamenti in cui vivono circa 30.000 persone. Si tratta della popolazione di una piccola città slovacca. “Se le politiche in atto fossero abbastanza sensibili (alle esigenze di questa minoranza), la costruzione di un’infrastruttura in questi insediamenti non sarebbe costosa”, aggiunge.

  • Quando è stata costruita una nuova strada, i bambini hanno subito iniziato a percorrerla con monopattini e pattini a rotelle. E il numero di lesioni è rapidamente aumentato, spiega Patricia. © Zuzana Límová

  • Quando è stata costruita una nuova strada, i bambini hanno subito iniziato a percorrerla con monopattini e pattini a rotelle. E il numero di lesioni è rapidamente aumentato, spiega Patricia. © Zuzana Límová

Un’altra <i>omama</i>, Vierka Kováč, attende me e la sua mentore Patrícia Dzuruš poco dopo aver terminato il turno mattutino. Ci sediamo in cucina, considerata il cuore di ogni casa sia dalle famiglie rom che da quelle <i>gadjo</i>. Ha preparato una torta e ce la serve insieme a Coca Cola e aranciata dolce. “Le persone rom non bevono l’acqua bianca!”, scherza, e finiamo a ridere insieme. Opto così per la Coca Cola invece dell’acqua del rubinetto, che posso bere tutti i giorni”.

  • Vierka Kováč e ɜ suɜ nipoti nel giardino di casa. © Zuzana Límová

Non ci sono uomini adulti, il marito di Vierka è partito per lavoro verso la Repubblica Ceca, il figlio lavora in Germania. Le mancano molto. Fortunatamente, un gruppo di nipoti e due lavori tengono Vierka occupata. Oltre a fare l’insegnante per bambinɜ come omama, lavora in un asilo pubblico come assistente qualificata e spera di terminare gli studi di pedagogia l’anno prossimo. Vorrebbe candidarsi per un posto di lavoro fisso come insegnante pre-elementare.

“Spero che ɜ miɜ colleghɜ mi accettino come partner alla pari. Posso insegnare aɜ bambinɜ anche se vengo da Vatrisko.”

“Studio per poter rimanere a Zborov e aiutare la mia gente. Spero di aprire i loro occhi e i loro cuori in modo che vedano che, anche se siamo poverɜ e rom, possiamo raggiungere gli obiettivi che ci prefiggiamo. Dobbiamo solo essere testardɜ e continuare ad andare avanti”, dice Vierka. Spera di raggiungere il suo obiettivo di diventare insegnante d’asilo nella scuola locale. “Spero che ɜ miɜ colleghɜ mi accettino come partner alla pari. Posso insegnare aɜ bambinɜ anche se vengo da Vatrisko”. Vierka ha cresciuto lɜ suɜ tre figlɜ in una casa di fortuna e ricorda bene quanto possa essere dura la vita quando non si hanno gli ingredienti per cucinare il pranzo. Queste esperienze, tuttavia, la aiutano a guardare le altre madri senza giudicarle.

Vierka pensa che la società dovrebbe essere più consapevole del peso che le madri provenienti da aree segregate portano con sé. “Per esempio, se unǝ bambinǝ non va a scuola, viene data la colpa alla madre. Ma cosa succede se non ha scarpe o vestiti caldi per lɜi e non può mandarlɜ a scuola? O se ɜ bambinɜ puzzano, nessuno si chiede perché. Forse la madre ha dovuto lavare i loro vestiti in un torrente perché non aveva una lavatrice. Forse non aveva i soldi per comprare il detersivo”, spiega. Quando ci siamo incontrate per la prima volta due anni fa, Vierka era già arrivata a questa conclusione: “Ogni madre darebbe qualsiasi cosa per garantire aɜ propriɜ figlɜ una vita migliore della propria”.

Rompere il circolo vizioso

La mancanza di consapevolezza, tuttavia, non è l’unica sfida per cambiare il futuro deɜ bambinɜ svantaggiatɜ. Fino al 2022, il governo slovacco non aveva fornito alcun sostegno allo sviluppo precoce deɜ bambinɜ provenienti da famiglie socialmente escluse. Pertanto, lo sforzo per migliorare la loro situazione ricade sulle spalle di ONG come Way Out… o anche di individui appassionati come, ad esempio, Juraj Čokyna. Ho incontrato questo ex giornalista e ora educatore in un centro comunitario di Zborov. Più tardi, nel pomeriggio, le omama e le mamme del posto si sono unite a lui per discutere di ciò che si dovrebbe fare. I genitori desiderano che ɜ loro figliɜ vadano in scuole in cui possano trovare rispetto e attenzione invece di umiliazioni o addirittura violenza fisica. Ha organizzato incontri simili in altre tre aree segregate e ha imparato più o meno le stesse cose in ognuna di esse.

Niente di sorprendente per Juraj, che lavorava in una scuola rom segregata nell’ambito del programma Teach for Slovakia, che recluta leader promettenti che insegnino per almeno due anni in gruppi emarginati. Sulla sua esperienza ha scritto un libro per la comunità di maggioranza, e ora sta lavorando a un’altra pubblicazione per i genitori rom sulle strategie per proteggere ɜ bambinɜ dal fallimento scolastico all’interno dei sistemi scolastici discriminatori.

  • Juraj Čokyna spiega che ɜ bambinɜ dell'insediamento di Zborov ripetono almeno un anno scolastico in più spesso della media nazionale. © Zuzana Límová

  • Le donne vengono al centro comunitario per imparare come proteggere ɜ loro figlɜ dalla segregazione a scuola. © Zuzana Límová

Tenendo presente che il cervello degli esseri umani si sviluppa maggiormente nei primi due o tre anni di vita, ɜ bambinɜ devono ricevere un sostegno adeguato molto prima di entrare a scuola. Per dimostrare l’effetto positivo del programma omama, l’organizzazione Way Out ha valutato il neurosviluppo infantile in collaborazione con l’Università di Oxford. Sono stati confrontati i soggetti di due anni che hanno partecipato al programma con quelli provenienti da comunità maggioritarie e con quelli da comunità segregate che non hanno ricevuto alcun intervento. Michelle Fernandes, ricercatrice e pediatra dell’Università di Oxford, ha confermato che ɜ bambinɜ del programma omama hanno ottenuto risultati significativamente migliori nelle aree della cognizione, della motricità fine e grossolana e del linguaggio rispetto aɜ loro coetaneɜ degli insediamenti che non partecipano al programma. La dottoressa ricorda che sono ancora indietro rispetto aɜ bambinɜ della maggioranza e che c’è ancora del lavoro da fare.

Nel 2022, il governo ha infine approvato la Strategia nazionale per lo sviluppo di servizi coordinati di intervento precoce e di assistenza precoce per il periodo 2022-2030, che include il sostegno all’educazione della prima infanzia per le famiglie emarginate. Il Piano di Ripresa e Resilienza cita esplicitamente l’organizzazione Way Out e il programma omama come esempio di buone pratiche. Educatorɜ locali simili dovrebbero essere formatɜ – con un nome diverso – nella maggior parte degli insediamenti sottosviluppati della Slovacchia che le omama non coprono a causa delle capacità limitate.

  • Sulla maglietta delle omama indossata da Patricia (a sinistra) e Inge (a destra), c’è scritto "qui puoi impiccarti" e "qui puoi piangere". © Zuzana Límová

Patrícia Dzuruš non è sorpresa che le omama siano ora viste come un modello dalle istituzioni: “Il nostro programma aiuta a sensibilizzare l’opinione pubblica su quanto siano cruciali i primi tre anni di vita deɜ bambinɜ”. E la storia della sua famiglia è la prova vivente che esiste una via d’uscita dalla povertà generazionale. Ma altresì che senza un sostegno esterno si può perdere qualcosa in questo percorso: né suo padre né lei parlano la lingua romaní. Per suo nonno questo era un handicap, volendo rimanere nella comunità maggioritaria. Anche se non è cresciuta in un insediamento, ha imparato quanto questo fosse difficile dalle storie della sua famiglia e quindi ha sempre “desiderato essere parte di un cambiamento positivo”. Così, decenni dopo la partenza del nonno, torna negli insediamenti per “sostenere queste persone nell’opportunità di vivere una vita diversa”, indipendentemente dalla lingua che parlano.

 

 

This story is part of the YOUTHopia campaign, a journalistic project shedding new lights on the EU Cohesion Policy.

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