window.dataLayer = window.dataLayer || []; function gtag(){dataLayer.push(arguments);} gtag('js', new Date()); gtag('config', 'G-XZCLKHW56X'); Queer in esilo - Ereb

Queer in esilo

28/09/2023

Xuçand, 31 agosto 2023

Un anno fa, il 31 agosto 2022, ho richiesto il mio primo visto umanitario per lasciare la Russia. Mi venne detto che ci sarebbero voluti fino a sei mesi. Ma da allora sto aspettando, e non ho ancora ricevuto una risposta. Sono quindi ” bloccato” in Tagikistan, dove sono arrivato, da solo, undici mesi fa.

Pensavo di andarmene da molto tempo, anche da prima che scoppiasse la guerra. Sono trans e in Russia è sempre stato difficile per me. Non vivevo in un ambiente molto favorevole o amichevole, diciamo così. Evitavo di farmi notare dai vicini e dalla gente in generale, perché questo poteva mettermi nei guai.  E non volevo che mi succedesse qualcosa, perché dovevo occuparmi di mia madre – che soffre di schizofrenia – e di mia nonna. Quindi, di fatto, ero piuttosto isolato.

Il 24 febbraio, quando la Russia ha invaso l’Ucraina, avevo già iniziato a raccogliere i documenti, a pensare a come vendere ciò che mi apparteneva qui… La guerra, e soprattutto la mobilitazione, hanno solo accelerato il processo. Ho richiesto il mio primo visto dalla Russia. Poi, dal 21 settembre, c’è stata quella che Putin ha chiamato “mobilitazione parziale”. Ma mi sono reso conto che non era parziale: sono state chiamate 300.000 persone, comprese quelle che avrebbero dovuto essere riformate. E mi sono detto che presto avrebbero chiuso le frontiere. Così ho deciso di partire.

Moltɜ mieɜ amicɜ sono fuggitɜ in Armenia, Georgia, Kazakhstan o attraverso la Turchia. Pensavo di fare lo stesso, ma poi un amico mi ha suggerito il Tagikistan. Non ci avrei mai pensato da solo.

Non sapevo nulla di questo Paese. Ma all’epoca non c’erano molte altre opzioni ed erano tante le persone in partenza, quindi i prezzi dei biglietti stavano salendo. Non ci ho pensato molto, in due giorni ho comprato i biglietti e sono arrivato qui da solo. Pensavo di essere solo di passaggio per ottenere un visto, ma undici mesi dopo sono ancora qui.

La prima richiesta di visto umanitario che ho fatto è stata tramite un’associazione francese chiamata Urgence homophobie. Aiuta le persone della comunità LGBT a raggiungere un luogo sicuro. So che alcune persone hanno ottenuto il visto dopo un mese, altre dopo due, altre ancora dopo un anno… Altre non l’hanno ancora ottenuto. Non sappiamo bene perché.

Ho fatto altri passi per ottenere questo visto, qualche mese fa tramite l’Istituto Sakharov e ora tramite l’organizzazione Artisti in Esilio. Quindi aspetto, non posso fare altro. 

Non parlo con mia madre, che è in ospedale, da un anno e mezzo. Posso solo mandarle dei pacchi. È difficile, a non mi lamento, le persone qui sono gentili e sono ancora fiducioso. Ed in questo momento sarebbe piuttosto rischioso tornare in Russia. Potrebbero interrogarmi sulla mia lunga assenza, potrebbero controllare il mio telefono per vedere se ci sono informazioni ostili al regime…

E come persona trans, sarebbe pericoloso per me. Non sono al sicuro lì. A luglio il governo ha approvato una nuova legge che vieta le transizioni. Non è consentito sottoporsi a trattamenti ormonali, interventi chirurgici o cambiare i documenti d’identità. È una decisione inaspettata, ma non è un buon segno, né per me né per il Paese.

Mark

Come persona trans, Mark non sentiva di vivere in un “ambiente favorevole” nella sua Russia e sognava di andarsene. Il conflitto in Ucraina e la possibilità di essere chiamato alle armi lo hanno spinto a farlo prima del previsto. Ma le varie richieste di un visto umanitario per proseguire la sua vita altrove non hanno avuto risposta, così Mark è in attesa da mesi, “bloccato” in Tagikistan.

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