window.dataLayer = window.dataLayer || []; function gtag(){dataLayer.push(arguments);} gtag('js', new Date()); gtag('config', 'G-XZCLKHW56X'); Occupy McDonald's - Ereb

Occupy McDonald’s

10/08/2023

Marsiglia, 2 agosto 2023
Quando abbiamo sentito che il McDonald’s avrebbe potuto chiudere, abbiamo detto no, questo non è possibile. È un posto molto speciale. Siamo nei quartiers nord di Marsiglia, dei sobborghi che spesso sono stigmatizzati, e questo McDonald’s era il luogo dove la gente veniva, dove si incontrava, dove si poteva comprare un pasto e rimanere tutto il giorno. Tutto questo non poteva scomparire!

Sono stato assunto nel 1999. Ho lavorato lì per 20 anni e sono diventato manager. Quello è anche il luogo dove abbiamo lottato per i diritti deɜ dipendenti di tutti i punti vendita McDonald’s in Francia: per la tredicesima, l’assicurazione sanitaria, ecc. Kamel, che era un manager e un rappresentante sindacale, voleva che i diritti deɜ colleghɜ di McDonald’s fossero rispettati e uguali per tuttɜ, ovunque nel Paese, cosa che dopo un po’ ha iniziato a dare fastidio all’azienda. In seguito, McDo France e quellɜ che avevano acquistato il franchising, decisero di vendere il ristorante.

Quando abbiamo saputo che volevano sbarazzarsene, abbiamo deciso di reagire. Così abbiamo iniziato a occupare il ristorante. Insieme ad altrɜ 76 dipendenti, abbiamo portato dei materassi e ci siamo accampatɜ qui. Abbiamo dormito lì. L’abbiamo semplicemente occupato.

Siamo rimastɜ lì per un mese e mezzo. Ci siamo organizzatɜ, abbiamo manifestato, abbiamo organizzato delle barricate. Abbiamo anche parlato molto – lo facciamo ancora – e ci siamo presɜ cura del posto, lo abbiamo pulito, ci siamo assicuratɜ che tutte le attrezzature rimanessero in buone condizioni, perché sapevamo che volevamo mantenere questo ristorante, volevamo continuare a lavorare qui.

È stato intenso, non mentirò. Alcune persone non sono riuscite a resistere. Non è facile combattere questo tipo di battaglia e avere una vita familiare a parte. Io, per esempio, ero tra lo sciopero e il divorzio. E poi c’erano minacce, offerte di denaro… Ma abbiamo tenuto duro e personalmente non ho mai dubitato che stessimo facendo la cosa giusta.

Il 12 dicembre 2019 è stata annunciata la liquidazione e ci hanno licenziatɜ tuttɜ. Ma Kamel ha tenuto le chiavi. Poi è arrivato il lockdown, così siamo rientratɜ e ci siamo organizzatɜ. Abbiamo requisito il McDonald’s per farne un punto di distribuzione alimentare. Si sono unite a noi persone da ogni dove: associazioni, vigili del fuoco, volontariɜ… Francamente, anche se nessuno di noi aveva un soldo, è stato un bel momento.

Le cose non si sono fermate con la fine del lockdown. Oggi si continua a distribuire cibo e il McDonald’s è diventato Après M, un fast-food in cui lavorano una quindicina di ex dipendenti del McDonald’s e persone in fase di reinserimento lavorativo, persone che hanno subito duri colpi dalla vita. Qui abbiamo deciso di concentrarci sulle persone piuttosto che sullo sfruttamento e sui profitti.

Ho chiamato questo posto il villaggio gallico, perché siamo resistenti. Resistiamo a tutto, allo Stato, alle persone disoneste e a chi vuole metterci in ginocchio. Andiamo avanti tuttɜ insieme, come collettivo e attraverso il sostegno reciproco.

In ogni tappa del nostro percorso ci hanno detto che siamo pazzɜ. Quando abbiamo occupato il ristorante, ci hanno detto che era inutile perché McDonald’s aveva già vinto. Quando l’abbiamo occupato, ci hanno detto che non ce l’avremmo fatta. Quando abbiamo lanciato Après M e volevamo comprare il ristorante, ci hanno detto che non avrebbe funzionato. Tutti continuavano a dirci che era un’utopia irrealizzabile. È vero, è un’utopia, ma la stiamo trasformando in realtà. Siamo riuscitɜ a trasformare McDonald’s in qualcosa di umano.

Nour

Nour è stato manager del ristorante McDonald’s di Saint-Barthélémy, nella periferia nord di Marsiglia, e ora gestisce Après M, il fast-food creato dallɜ ex dipendenti dell’azienda americana dopo una lunga lotta. Ha scelto di raccontare una delle fasi più intense di questa lotta, che secondo lui dimostra che bisogna essere dispostɜ ad andare fino in fondo, perché “può durare un anno, due anni, dieci anni, vent’anni, ma alla fine ripaga”.

Rimani aggiornata/o, iscriviti alla nostra newsletter

Iscriviti