Sud della Francia, 19 giugno
Noi “minorɜ non accompagnatɜ” soffriamo molto qui in Francia. Voglio vivere in questo Paese. Ho lasciato la Guinea con l’idea di diventare un grande idraulico. È quello che voglio fare davvero, solo che per noi tutto è difficile.
Quando sono arrivato a Parigi, a settembre, ho seguito la procedura. Sono andato subito in un centro di valutazione, ma non mi hanno riconosciuto come minorenne. Mi hanno detto di andare dalla giudice a presentare un ricorso. Così ho fatto quel che mi è stato detto, sono andato lì e ho consegnato i miei documenti. E da quel momento ho iniziato a dormire per strada.
Perché questa è la realtà quando porti il caso in tribunale, poi puoi passare quattro, cinque o anche sei mesi per strada. Non ti chiamano. Soffri. Non hai nulla.
All’epoca dormivo nel Parc de Belleville, a nord di Parigi, con molti altri minorɜ non accompagnatɜ. Eravamo più di 400 nella stessa situazione. Una sera, a metà ottobre, l’associazione Utopia 56 (che aiuta le persone in esilio) ci ha inviato dei messaggi per dirci che stavano arrivando delle persone per offrirci un alloggio.
Dovevano arrivare verso le 3 del mattino, così siamo rimastɜ sveglɜ. Non so perché volessero venire nel cuore della notte. Faceva freddo e pioveva; l’umidità rendeva il clima ancora più freddo del solito. Abbiamo atteso così finché non sono arrivate le autorità, alle 6 del mattino. Ci hanno fatto salire sugli autobus e ci hanno portatɜ ai nostri alloggi.
Il mio era alla Porte de Clignancourt, nella periferia di Parigi, in un grande centro.
Dopo essere rimastɜ lì per dieci giorni, ci è stato detto di andare in Prefettura. Una volta lì, la polizia ci ha detto di fare domanda di asilo, dandoci dei documenti da firmare. Ho chiamato il mio avvocato, e lui mi ha risposto di non firmare nulla, perché si trattava di richieste di asilo per adulti. Mi ha spiegato che era una trappola: non appena avessi firmato, la mia domanda di riconoscimento della minore età non sarebbe stata più valida. Così ho detto alla polizia che mi rifiutavo di firmare. Hanno preso il mio nome e quello dellɜ altrɜ, che si erano rifiutatɜ di firmare.
Poi la prefettura ci ha comunicato che, non avendo firmato, la nostra sistemazione nel centro sarebbe terminata. Allora abbiamo chiamato le associazioni, loro hanno cercato di trovare una soluzione, ma senza riuscirci.
Pochi giorni dopo, il 31 ottobre, sono arrivate le lettere che dicevano che dovevamo lasciare il nostro alloggio. Avevamo solo due giorni per andarcene. La prefettura ci ha spiegato che questi locali erano per maggiorenni, che noi eravamo minorenni e che quindi non potevano ospitarci. All’inizio di novembre ci hanno buttatɜ fuori.
Nei giorni successivi, inizialmente abbiamo dormito fuori dal municipio. Ma presto è arrivata la polizia e ci ha allontanatɜ, dicendoci che non potevamo stare lì. Così ce ne siamo andatɜ a 600 metri di distanza, sotto a uno dei ponti sulla Senna, il Pont Marie. Ma di nuovo, la polizia è venuta a cacciarci via.
Non sapevo come uscire da lì, ero scoraggiato. Così sono tornato al Parc de Belleville, dove avevo trascorso le prime notti a Parigi. Sono rimasto lì per diverse settimane, fino al nuovo anno. Poi, a metà gennaio, io e alcunɜ giovanɜ siamo stati ospitatɜ in una scuola grazie all’Associazione Midis du Mie (un’associazione che aiuta ɜ giovanɜ esulɜ).
Da qualche settimane le cose vanno un po’ meglio: non sono più a Parigi. E non ci tornerò fino a metà luglio, quando avrò l’udienza per il riconoscimento della mia minore età. Ora c’è una persona che mi ospita nel sud della Francia. Midis du Mies mi ha messo in contatto con lei.
Se non fosse stato per le associazioni, non avrei saputo cosa fare e non so dove sarei oggi. Sono loro che aiutano ɜ minori qui. Vorrei che il governo guardasse alla situazione deɜ minori che vivono e soffrono in Francia. Perché non sappiamo cosa fare, siamo impotenti e soprattutto finiamo per chiederci: ma cosa abbiamo fatto?
Fode
Fode*, un giovane guineano di quasi 16 anni, è arrivato a Parigi a settembre dopo aver attraversato il Mediterraneo. Qui, come la maggior parte deɜ minori non accompagnati, si trova in un limbo giuridico in cui le autorità non si occupano di lui. Un arrivo in circostanze che non avrebbe potuto immaginare più dure.
*Nome di fantasia