Kyiv, 5 giugno,
Come tutto il personale ospedaliero, abbiamo anche noi la nostra routine. Ci incontriamo al mattino per un caffè e una chiacchiera: è importante prendere un po’ di confidenza con l’altrə prima di iniziare, a maggior ragione ora con i continui attacchi russi. Poi andiamo in ospedale e ci cambiamo. Per unə clown non si tratta solo di cambiarsi d’abito, ma di una metamorfosi.
Poi ci riscaldiamo per liberarci di tutte le emozioni ed esperienze negative, e per rilassare i muscoli tesi del nostro corpo. Facciamo delle danze folli per ricordare come essere divertenti. Quando varchiamo la soglia della stanza di unə bambinə dobbiamo essere completamente pulitɜ dal punto di vista dell’energia.
Una volta in reparto, chiediamo all’infermiera l’elenco deɜ bambinɜ che possiamo visitare in quel giorno: alcunɜ di loro sono in condizioni gravi e non possono essere visitatɜ. Poi attraversiamo i corridoi per dare il segnale: ɜ clown sono arrivatɜ!
Visitiamo ogni bambinə individualmente. Non lɜ mettiamo mai tuttɜ nella stessa stanza, perché ognunə è in un diverso stato fisico ed emotivo. Una volta che siamo insieme, improvvisiamo: tutto dipende dalla scintilla che ci danno. Ci sono giorni in cui alcunɜ bambinɜ non vogliono che entriamo nelle loro stanze – e allora non lo facciamo. Siamo le uniche persone a cui possono dire “no” in ospedale. Non possono dire “no” alle cure, a mangiare in orari specifici, a farsi visitare – ma possono dire “no” a un clown e noi lo rispettiamo. Perché per quel breve momento lə bambinə non si sente solo un oggetto di attenzione medica, ma un essere umano.
Cinque anni fa mio padre si è ammalato di cancro e io ho affrontato con lui questo percorso, la cura, gli interventi chirurgici – quattro in tutto, credo –, quando la malattia si è ripresentata. È stato molto difficile per me e ho capito quanto sia importante l’elemento emotivo durante un trattamento serio e faticoso. Io sostenevo mio padre e lui sosteneva me: ridevamo e scherzavamo, e ho potuto vedere con i miei occhi come quei piccoli momenti di vita rendevano l’aria più leggera.
In quel periodo difficile, cercavo disperatamente qualcosa che mi facesse sentire di nuovo viva. Ho visto un annuncio online: un’associazione che aiutava ɜ bambinɜ malatɜ di cancro stava aprendo una scuola per clown ospedalieri. Visto che avevo una certa esperienza con il lavoro deɜ clown e con il cancro, dopo la malattia di mio padre, ho deciso di provare. Non avevo aspettative, ma mi sono appassionata così tanto che, prima di rendermene conto, ero in ospedale a fare volontariato ogni settimana.
L’invasione russa ha cambiato tutto. Non solo il mio lavoro, ma tutta la mia vita. La mia squadra ha lasciato Kiev e io sono rimasta sola. Il 24 febbraio 2022 ho promesso a me stessa che sarei rimasta, a qualunque costo, non avrei lasciato ɜ bambinɜ in ospedale. Anche loro avevano paura. Il mio lavoro e la mia missione è fare di tutto per aiutarlɜ.
Per esempio, c’era questo ragazzo, Andruysha. Viveva in ospedale da quattro anni, in attesa di un trapianto di rene. Dopo l’invasione su larga scala, abbiamo vissuto insieme nel seminterrato dell’ospedale e siamo diventatɜ amicɜ. Era lì completamente solo, senza i genitori, un bambino di 10 anni. C’era tanta speranza quando finalmente hanno trovato un donatore e hanno fatto l’intervento. Gli abbiamo persino organizzato una festa di addio! Nel bel mezzo della guerra, era un simbolo di vita, di lotta per la vita. Ma il suo corpo ha rifiutato l’organo e Andruysha è morto. È stato un duro colpo per me. Ma almeno quegli anni in ospedale sono stati pieni di avventure, concerti e workshop. La sua vita, anche se breve, è stata piena di infanzia e di amore. E rimane nel mio cuore.
Un altro punto di svolta per me è stato quando abbiamo iniziato a ricevere le ambulanze con le prime vittime della guerra. Prima dell’invasione lavoravamo con ɜ malatɜ di cancro, era molto diverso. Questɜ sono ɜ bambinɜ che la Russia ha cercato di uccidere, bambinɜ che hanno perso gli arti, bambinɜ che hanno perso i genitori, che sono fuggitɜ dalle loro case nel bel mezzo dei bombardamenti. Non ci sono regole scritte su come lavorare con loro, quindi ho dovuto imparare tutto man mano, tipo come smettere di usare i palloncini perché quando scoppiano potrebbero rievocare i bombardamenti.
Anche il rapporto con questɜ bambinɜ è diverso. Di solito, quando esco dall’ospedale, mi tolgo il costume, il naso rosso e lascio tutto lì. Delle vittime di guerra, ricordo ogni nome, ogni storia, le sogno Non posso dimenticarle.
Sogno anche che questa guerra finisca. Non posso sognare nient’altro mentre le città si sgretolano intorno a me, i miei cari muoiono e ɜ bambinɜ soffrono. Voglio che lɜ europeɜ capiscano che questa non è una guerra lontana: se l’Ucraina non ferma la Russia ora, si espanderà oltre. Voglio che tuttɜ capiscano il prezzo che stiamo pagando per permettere ad altrɜ bambinɜ in Europa di avere un’infanzia.
Olga
Olga ha 35 anni e vive a Kyiv, in Ucraina. Lavora come clown negli ospedali della capitale da più di cinque anni. Nel marzo 2023, insieme alla collega Marina, ha co-fondato l’associazione no-profit БУП. Dall’inizio dell’invasione russa, Olga e Marina sono membri onorari dell’organizzazione italiana Soccorso Clown. Sotto la guida di Vladimir Olshansky, il loro maestro, insegnano clownerie in tutta Europa.