window.dataLayer = window.dataLayer || []; function gtag(){dataLayer.push(arguments);} gtag('js', new Date()); gtag('config', 'G-XZCLKHW56X'); La ginecologa e l'obiezione di coscenza - Ereb

La ginecologa e l’obiezione di coscenza

09/08/2023

Roma, 7 giugno 2023

Per 36 anni sono stata l’unica ginecologa del mio ospedale ad accettare di praticare aborti, l’unica a non fare “obiezione di coscienza“, come si dice qui in Italia. Far sì che le donne venissero trattate con un po’ di rispetto è stata una lotta continua ed estenuante. Ho visto cose terribili che mi hanno ferito e che mi fanno male ancora oggi

Un giorno, mentre praticavo un aborto su una paziente, questa persona ha iniziato a sanguinare abbondantemente. Ero con infermiere che non erano preparate per gli interventi pesanti, così quando ho visto che l’emorragia non si fermava, ho chiamato di corsa la sala operatoria del reparto di ostetricia. Più volte. Non rispondevano.

Lavoravo in una bella struttura con un giardino che separava i reparti e con dei corridoi sotterranei che li collegavano. Allora abbiamo messo la paziente su una barella e ci siamo precipitate attraverso questi corridoi sotterranei verso la sala operatoria. In quei corridoi i cellulari non prendevano, così sono corsa davanti alla barella per aprire tutte le porte e avvisare di ciò che stava accadendo. Ho gridato: “Ho un’emergenza!” e ho chiesto alle infermiere di darmi le medicine giuste. Abbiamo attraversato tutto il reparto di ginecologia così, a tutta velocità, dando l’allarme.

Mi aspettavo di arrivare in una sala operatoria pronta con i farmaci giusti e il personale per assistermi. Ma una volta lì, ho spiegato la mia emergenza all’ostetrica che stava lì e sono sparite tutte. Sono rimasta sola. Sola con una donna in piena emorragia. Sola con una donna che stava andando in shock. Nessuno mi ha portato le medicine che avevo chiesto. Nessuno mi ha aiutata.

Ho chiamato l’anestesista che mi ha detto: “Perché mi chiami? Sai che non sono in servizio per le interruzione di gravidanza”. Ero raggelata, smarrita, infuriata. La legge è chiara: in caso di grave pericolo per la vita di una paziente, non c’è obiezione che tenga! Francamente avrei voluto prenderli a schiaffi, ma dovevo trovare una soluzione. Ho contattato tutti i miei colleghi, alla fine qualcuno è arrivato e siamo riusciti a fermare l’emorragia.

In questo caso è andata bene, ma se la donna fosse morta? Chi sarebbe stata indagata da un magistrato? La responsabile del servizio di interruzione di gravidanza: cioè io, l’unica non obiettrice. Non è che la magistratura va a vedere l’ambiente che ti impedisce di prenderti cura della tua paziente, che ti crea ostacoli per ignoranza, arroganza o stupidità.

Affinché un pilota di aereo possa prendere i comandi di un velivolo in tutta tranquillità, c’è qualcuno che prima controlla i motori, un altro che mette il carburante, un terzo che si occupa dei passeggeri… Se qualcosa si guasta, si guarda chi non ha fatto bene i controlli o chi non ha assistito bene i passeggeri. Nel caso degli aborti, qui, non si cerca di capire, viene messo sotto processo direttamente il medico non obiettore.

Non dico che questo tipo di situazione si verifichi sempre e ovunque in Italia. Ma so che i miei colleghi vivono esperienze simili. La situazione è molto grave. In tutto il mondo ci sono movimenti contro il diritto all’aborto che stanno guadagnando forza e spazio. Vediamo cosa è successo negli Stati Uniti, in Polonia… Il popolo italiano non se ne rende conto, ma la stessa cosa sta accadendo qui.

Silvana

Silvana è una ginecologa italiana in pensione, ma continua a fornire consulenze. Nel suo Paese l’aborto è legale dal 1978, ma il personale medico può fare “obiezione di coscienza” e rifiutarsi di praticare l’aborto. Nel 2021, sette ginecologi su dieci in Italia erano obiettori di coscienza. Silvana ha scelto di condividere con noi un ricordo che illustra drammaticamente gli abusi dell’obiezione di coscienza e le sue preoccupazioni per il rispetto del diritto all’aborto nel suo Paese.

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